Dati i tempi in cui viviamo, il tema di questo numero della nostra rivista non poteva che essere la pace. Sto scrivendo questo mio ultimo editoriale quale vostro parroco mentre nel mondo ci sono tante, troppe guerre in corso, tra le quali una non lontano da noi, in Ucraina. Una guerra fratricida, inconcepibile tra fratelli dello stesso sangue e con la stessa fede cristiana ortodossa. Siamo tristi e preoccupati per la minaccia più grande della storia: una guerra nucleare che potrebbe distruggere il nostro pianeta. Perché siamo arrivati a questo punto? Perché, come per la recente pandemia, la stragrande maggioranza dei cristiani vivono nella paura, dimenticando Dio, il suo più grande comandamento, l’amore, e la pace che il suo Figlio Unigenito è venuto a portarci. “Pace” è la prima parola che Cristo ha pronunciato dopo la sua risurrezione e con essa ha allontanato dai suoi discepoli la paura: “La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per paura dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: Pace a voi!” (Gv 20,19). In questo periodo della quaresima, nel quale la nostra tradizione ci invita al digiuno e al perdono, siamo chiamati a pregare innanzitutto per la pace. San Silvano del Monte Athos dice che ”quando non riusciamo a vivere nell’anima l’amore e la gioia, abbiamo il dovere di vivere la pace, senza la quale è impossibile la salvezza”. Perciò la guerra non può essere giustificata da nessun cristiano, perché fare la guerra non è altro che il fallimento definitivo della legge dell’amore di Cristo. I cristiani che scatenano guerre non hanno capito la Divina Liturgia, che, nella Chiesa Ortodossa, inizia con queste invocazioni: ”In pace pregiamo il Signore” e “Preghiamo il Signore, Per la pace di tutto il mondo, per la prosperità della Santa Chiesa di Dio e per l’unità di tutti, preghiamo il Signore”. In una recente dichiarazione di un folto gruppo di teologi ortodossi leggiamo: ”Nella storia, i governanti terreni hanno il compito di assicurare la pace, in modo che il popolo di Dio possa vivere ‘una vita quieta e tranquilla, in tutta pietà e santità’ (Divina Liturgia). Non c’è dunque nazione, stato o ordine della vita umana che possa avanzare su di noi una pretesa più alta di Gesù Cristo, nel cui nome ‘ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra” (Fil 2, 10). In questi giorni, nei quali i ricchi si fanno la guerra e i poveri muoiono, è ora che noi cristiani ci svegliamo e con coraggio denunciamo l’idolatria del profitto, lo sterminio per fame tollerato se non provocato dai ricchi ai danni dei poveri, la crescente produzione di armi, il business che si nasconde dietro certi “aiuti economici”, l’imperialismo culturale veicolato da gran parte dei mass-media. Svegliamoci e lasciamo più posto nella nostra vita a Cristo. La sua parola è verità e il suo Vangelo sa dialogare con tutte le culture, è più grande dell’Occidente e dell’Oriente, di un blocco militare o dell’altro.
Capiremo questa verità, intensificando la nostra preghiera davanti all’icona della Risurrezione in questo periodo quaresimale. In tutte le icone della tradizione bizantina, la Risurrezione è presentata come discesa di Cristo agli inferi: risorgendo il Salvatore non sale, ma scende. Cristo non è sceso una sola volta agli inferi: vi scende continuamente. Dovunque c’è una persona che dal suo “inferno” grida a lui e protende la sua mano verso la sua, Cristo scende vittorioso e lo trae fuori, rischiara le sue tenebre e gli infonde nuova vita e speranza. Che cosa deve fare chi vuole vivere questa esperienza? Tendere a Cristo quella mano invisibile che è la fede. Credere che Cristo risorto può e vuole liberarlo. La testimonianza immediata che possiamo dare, come cristiani decisi a fare con Cristo il passaggio dalla morte alla vita, è annunciare la Pasqua con le nostre opere, con gesti concreti, passando dalla chiusura all’apertura, dall’egoismo all’amore. Allora ci sarà la Pace! Padre Mihai