Comunità Ortodossa

Quarta domenica di Quaresima – Quale dovrebbe essere la nostra felicità?

La guarigione del figlio indemoniato – Il discorso della montagna – le beatitudini

(Marco 9, 17-32; Matteo 4, 25; 5, 1-12)

Siamo alla quarta domenica di Quaresima, la domenica di San Giovanni Climaco (o San Giovanni della Scala) e di tutti i grandi pii santi che hanno vissuto per Dio. Ecco perché è stato letto questo Vangelo delle Beatitùdini, in onore di quei pii santi che hanno dedicato la loro vita a Dio, cercando di fare l’essenziale nella loro vita. E l’essenziale che si chiede all’uomo in questa vita è contenuto nel Vangelo di Matteo, capitoli 5, 6 e 7, conosciuto come il Discorso della Montagna, che in realtà è la Prèdica del nostro Salvatore Gesù Cristo. Qualcuno ha detto che se tutti i libri del mondo venissero bruciati e rimanessero solo i pochi fogli del Vangelo di Matteo, capitoli 5, 6 e 7, si conserverebbe l’intero messaggio del Vangelo contenuto in questo insegnamento. Ogni volta che il sacerdote o il vescovo parla al popolo, di fatto ricorda questo momento in cui il Salvatore si trovava sul monte, su una piccola collina di fronte al mare di Galilea, vicino a Tabcha, e parlava ai discepoli e alle folle riunite per ascoltarLo.

È importante ricordare che il Vangelo della guarigione del figlio indemoniato è un’altra prova che la venuta del Salvatore Gesù Cristo aveva il ruolo di comprendere le persone, di adémpiere a un ruolo educativo. Il Salvatore non è venuto sulla terra solo per sacrificarsi, perché vediamo che molte volte è stato cercato per essere ucciso dai farisei e dagli scribi del tempo, e molte volte Lui ha cercato di evitare, di rimandare questo momento. Il Salvatore ha predicato la sua parola in Giudea per un anno e mezzo, poi si è ritirato in Galilea aspettando il momento giusto per tornare in Giudea, a Gerusalemme, per offrire se stesso in sacrificio per il popolo, alla fine dei tre anni e mezzo della Sua predicazione sulla terra. In quei tre anni e mezzo i farisei avevano suscitato l’odio contro il Salvatore, affinché Lui accettasse il sacrificio e la loro rabbia non si propagasse a coloro che Lo seguìvano: alla Madre di Dio, agli Apostoli e ai discepoli.

Da questo vangelo della guarigione del figlio indemoniato, può rimanere fortemente impresso nella nostra mente il padre di questo figlio, che Cristo Salvatore ha esortato ad avere fede, affinché il figlio potesse essere guarito, e il padre ha detto una parola straordinariamente sincera: “Credo, Signore, aiuta la mia incredulità”.  Quello che disse il padre potrebbe sembrarci contraddittòrio, ma in realtà è una rappresentazione della nostra fede. Quasi tutti noi abbiamo avuto momenti della nostra vita in cui sapevamo di dover credere in Dio, ma era come se qualcosa ci spingesse a non credere, o ci sembrava di non capire molto bene la fede, oppure abbiamo trovato tutti i tipi di giustificazioni per coprire la nostra fede. E forse oscillavamo spesso tra la fede e l’incredulità, come il padre del figlio indemoniato. Ma ciò che questo padre ha fatto in modo straordinario è stato trasformare la sua condizione esistente in preghiera. Ed è questa la preghiera vera e sincera, che parte da ciò che siamo, perché Dio sa comunque chi siamo. Forse in chiesa o nella comunità siamo spesso aiutati e spinti a mostrare un bel volto di noi stessi, ma in realtà sappiamo come siamo veramente quando abbiamo i nostri momenti di incontro intimo con Dio attraverso la preghiera. Questi momenti devono essere molto onesti. È utile iniziare a dire le preghiere iniziali o quelle che conosciamo e poi finire con le nostre preghiere sincere chiedendo la misericordia di Dio per il fatto che non abbiamo abbastanza fede, non facciamo abbastanza per aiutare la nostra anima o gli altri.

Quello che disse il padre del figlio idemoniato, “Credo Dio! Aiuta la mia incredulità”, è dunque una realtà che la nostra preghiera non è completa senza la grazia di Dio. San Paolo ci dice nella Lettera ai Romani che dobbiamo fare appello allo Spirito di Dio perché intervenga, per pregare in noi con “sospiri incessanti”. Perché abbiamo bisogno della grazia nella nostra preghiera? Perché abbiamo momenti in cui siamo stabili e momenti in cui siamo instabili, costanti o incostanti, e la grazia di Dio ci aiuta, se la invochiamo, a ricevere la forza necessaria per pregare come dobbiamo, per fare il bene in modo perfetto. Per questo motivo è bene, prima di cominciare a pregare, dire la preghiera “Re Celeste, Consolatore”, chiamando lo Spirito di Dio a pregare con noi. Per questo motivo diciamo anche la preghiera “Re Celeste, Consolatore” prima della Divina Liturgia.

Questo è il percorso che ha portato alla guarigione di questo figlio indemoniato: la chiamata di Dio. Chiamare Lui a risolvere qualsiasi situazione o problema ci si presenti, anche quando ci sembra di avere la capacità di gestirlo e risolverlo da soli. Mi è piaciuto quello che una signora mi ha raccontato di recente, che un chirurgo della città di Iasi, in Romania, ha operato suo figlio con il cancro e le ha detto: “Signora, io posso fare il 50% per risolvere il problema del bambino, l’altro 50% lo deve fare lei, pregando mentre lo òpero”. Questo è ciò che facciamo nelle situazioni della vita. Questo è il vero significato di famiglia. Quando il marito esce di casa per andare al lavoro, la moglie prega per lui affinché possa lavorare bene, senza problemi, e tornare a casa sano e salvo. E il marito dovrebbe pregare per la moglie, affinché anche lei possa lavorare bene, se lavora, se deve occuparsi dei figli o della casa. E così ci svilupperemo come relazione, come famiglia, pregando l’uno per l’altro, sentendoci responsabili del benessere e della salute dell’altro.

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ROMENO

Duminica a 4-a din Post–Vindecarea fiului lunatic–Predica de pe munte: Fericirile (Marcu 9, 17-32; Matei 4, 25; 5, 1-12)

Suntem in duminica a patra din Post, a Sfantului Ioan Scararul si a tuturor marilor cuviosilor sfinti care au trait pentru Dumnezeu. De aceea s-a citit aceasta evanghelie a fericirilor, in cinstea acelor cuviosi care si-au dedicat vietile lor lui Dumnezeu, straduindu-se sa faca esentialul in vietile lor. Iar esentialul care i se cere omului sa faca in  aceasta viata este cuprins in Evanghelia dupa Matei, capitolul 5,6,7 care este de fapt Predica Mantuitorului nostru Iisus Hristos. Cineva spunea ca daca s-ar arde toate cartile din lume, si ar ramane doar cateva foi cu Evanghelia dupa Matei capitolele 5,6,7, atunci s-ar pastra intregul mesaj al Evangheliei care este cuprins in aceasta invatatura. Orice moment in care preotul sau episcopul le vorbeste oamenilor, aminteste de fapt despre acest moment in care Mantuitorul cand era pe munte aflat pe un deal mic in fata Marii Galileii, langa Tabcha, le vorbea ucenicilor si multimilor de oameni adunate sa il asculte.

Ce este important de retinut si din evanghelia despre vindecarea fiului lunatic, este inca o dovada in plus ca venirea Mantuitorului Iisus Hristos a avut rolul de a ii intelepti pe oameni, de a implini un rol educativ, Mantuitorul nu a venit pe pamant doar ca sa Se jertfeasca pe Sine, pentru ca vedem ca de multe ori a fost cautat sa fie omorat de catre farisei si carturarii vremii si de multe ori a incercat sa evite, sa mai amane acest moment. Mantuitorul a avut un an si jumatate de propovaduire a cuvantului Sau in Iudeea, iar apoi s-a retras in Galileea asteptand momentul potrivit in care sa se intoarca in Iudeea, in Ierusalim oferindu-Se ca jertfa pentru oameni, la sfarsitul celor trei ani si jumatate de propovaduire pe pamant. In cei trei ani si jumatate se starnise ura fariseilor  impotriva Mantuitorului astfel incat El a acceptat jertfa si ca sa nu se extinda mania lor asupra celor care il urmau: asupra Maicii Domnului, asupra Apostolilor si ucenicilor.

Din aceasta evanghelie a vindecarii fiului lunatic ne poate ramane puternic in minte tatal acestui fiu, pe care l-a indemnat   Mantuitorul Hristos sa aiba credinta, ca fiul sa se poata tamadui, iar tatal a spus un cuvant extraordinar de sincer: „Cred Doamne!  ajuta necredintei mele”.  Ceea ce a spus tatal ni s-ar parea dualist, insa e de fapt reprezentarea credintei noastre. Aproape toti am avut momente in viata cand stiam ca trebuie sa credem in Dumnezeu, dar parca ceva ne impingea sa nu credem, ori ca ni se parea ca nu intelegem prea bine credinta, sau gaseam tot felul de justificari care sa ne acopere credinta. SI poate de multe ori am oscilat intre credinta si necredinta, ca acest tata al fiului lunatic. Insa ceea ce a facut extraordinar acest tata, este ca a transformat starea lui existenta in rugaciune. Si de fapt asa este si rugaciunea adevarata si sincera, pornind de la ceea ce suntem, pentru ca Dumnezeu oricum stie cine suntem. Poate in biserica sau in comunitate de multe ori suntem ajutati si impinsi sa aratam o fata frumoasa a noastra, insa noi stim de fapt cum suntem in realitate atunci cand avem momentele noastre intime de intalnire cu Dumnezeu prin rugaciune. Aceste momente trebuie sa fie foarte sincere. Ajuta sa incepem sa spunem rugaciunile incepatoare sau cele pe care le stim si apoi sa sfarsim cu rugaciunile noastre sincere in care sa cerem mila lui Dumnezeu pentru faptul ca nu avem destula credinta, nu facem indeajuns incat sa ne ajutam sufletele noastre si nici pe ceilalti.

Ceea ce a spus tatal fiului lunatic: „cred Doamne! Ajuta necredintei mele”, este de fapt realitatea ca rugaciunea noastra nu este deplina fara harul lui Dumnezeu. Sfantul Apostol Pavel ne spune in epistola catre Romani sa trebuie sa chemam Duhul lui Dumnezeu sa mijloceasca, sa se roage in noi cu suspinuri negraite. De ce avem nevoie de har in rugaciunea noastra? Pentru ca noi avem momente cand stabili sau momente cand suntem instabili, constanti sau inconstanti, si harul lui Dumnezeu ne ajuta daca il chemam sa primim puterea necesara de a ne ruga asa cum se cuvine, de a face lucrarea buna intr-un chip desavarsit.

Aceasta este calea care a dus la tamaduirea acestui fiu lunatic, chemarea lui Dumnezeu. Sa il chemam pe El sa rezolve orice ni se pune in cale, chiar daca ni se pare ca avem noi capacitatea de a gestiona si de a rezolva. Mi-a placut cum mi-a spus de curand o doamna ca un medic chirurg din orasul Iasi din Romania i-a operat copilul bolnav de cancer si i-a spus, doamna eu pot sa fac 50 la suta  ca sa rezolv problema copilului, restul de 50 la suta trebuie sa faceti dumneavoastra punandu-va la rugaciune in timp ce eu il operez. Asa sa facem si noi in situatiile vietii care ne sunt puse inainte. Asta inseamna cu adevarat o familie. Cand sotul pleaca de acasa la servici, sotia sa se roage pentru el ca sa poata munci cu bine, fara probleme, si sa se poata intoarce cu bine acasa. Iar sotul, sa se roage pentru sotia lui ca sa poata implini si ea cu bine lucrarea ei pe care o are de facut, daca lucreaza, daca trebuie sa aiba grija de copii sau de casa. Si asa ne vom desavarsi ca relatie, ca familie, rugandu-ne unii pentru altii, simtindu-ne raspunzatori de bunastarea si sanatatea celuilalt.

Bogdan Constantin

Bogdan Constantin